La città di Augusta è situata lungo la costa orientale siciliana, tra Siracusa e Catania. La sua fondazione, avvenuta tra il 1233 e 1234 fu voluta dall’imperatore Federico II di Svevia nel quadro di un vasto progetto militare volto a potenziare e rafforzare le zone più deboli del suo regno. Ad essa fu dato il nome di Augusta, a testimonianza della vocazione imperiale di Federico. Tuttavia il fatto che i greci fondatori di Megara Iblea rinunciassero ad insediarsi in un sito così ospitale per stanziarsi nella vicina baia dotata di un retroterra fertile ma senza porto, lasciano presumere che la zona fosse già abitata. D’altra parte l’odierno territorio augustano fu popolato sin dall’età della pietra, infatti sono state scoperte tracce della presenza umana risalenti al paleolitico, al mesolitico ed al neolitico. A completare il quadro Rocco Pirri scrive che nel 1219, prima che sorgesse la città, frate Reginaldo D’Orléans, compagno di San Domenico, vi fondò un hospitium per i religiosi ed i pellegrini, cosa che starebbe a dimostrare la presenza di un nucleo abitato, seppur modesto.
Il borgo medievale fu popolato dagli abitanti ribelli di Centuripe, Montalbano e da alcune famiglie catanesi. Il castello, progettato dall’architetto Riccardo da Lentini, fu portato a termine (nelle sue parti essenziali) pressappoco negli stessi anni della fondazione della città, mentre a difesa dell’abitato venne costruita una cinta muraria.
Nella seconda metà del Duecento Augusta fu assoggettata per molti anni agli angioini, che la conquistarono dopo averla assediata nel 1269, concludendo la loro dominazione nel 1282. Seguì la dominazione aragonese, i cui primi anni furono funestati dalla breve conquista della città da parte dei francesi che la attaccarono il 1° maggio 1287, suscitando la repentina risposta spagnola. Infatti l’ammiraglio Ruggero di Lauria, dopo aver riarmato la flotta in sei giorni, riuscì a riprendere la città alla fine di un assedio durato quaranta giorni.
Nel 1326 la città, dopo essere stata elevata a contea, fu assegnata dal re Federico II d’Aragona a Guglielmo Raimondo II di Moncada in cambio di Malta e Gozo. Un suo discendente, Guglielmo Raimondo III, coinvolto negli intrighi legati alla morte del re Federico III ne rapì la figlia Maria, legittima erede al trono, che era tenuta prigioniera da Artale Alagona nel castello Ursino di Catania. Era il 23 gennaio 1379. Tuttavia la permanenza della ragazza ad Augusta durò pochi anni, infatti il Moncada la portò via nel 1382. Nel 1394, infine, la città divenne il quartier generale delle operazioni atte a reprimere i ribelli.
L’avvento del nuovo secolo vide Augusta tornare ad essere proprietà demaniale in quanto il re Martino I nel 1407 la tolse a Matteo II Moncada, cui diede in cambio la contea di Caltanissetta. Ma dieci anni dopo la città ritornò ad essere feudale per circa un secolo, con una breve parentesi demaniale dal 1449 al 1455, dopodiché dal 1567 passò definitivamente al demanio. Il governo della città fu affidato nel 1485 a don Giovanni Tommaso Moncada dei conti di Augusta e di Adernò per timore di un’invasione turca.
Nei primi del Cinquecento Augusta ricevette la visita del generale spagnolo Gonzalo Fernandez de Cordoba il quale, dovendo riorganizzare la difesa della costa orientale siciliana, fece rafforzare le fortificazioni della città, che tuttavia non ressero all’assalto dei turchi e dei barbareschi del 1551. Infatti nell’estate di quell’anno una flotta composta da oltre centocinquanta imbarcazioni, guidata da Sinam Pascià e da Dragutt, entrò nella baia di Augusta. Durante la notte il castello venne bombardato dai turchi, che, dopo aver aperto una breccia, sbarcarono e saccheggiarono la città, abbandonandola il mattino seguente dopo averla data alle fiamme. Altre incursioni avvennero nel 1552, nel 1553 e ancora nel 1560 sotto la guida di Pialì Pascià.
Nel 1564 la nomina di don Garcia di Toledo a viceré segna per la Sicilia un periodo di grandi interventi nelle opere di fortificazione delle città costiere. Nel 1566 la sua visita ad Augusta porterà alla costruzione dei forti Garcia e Vittoria e di torre Avalos, i cui progetti verranno realizzati dall’ingegnere Antonio Conte.
Nel 1571 un grosso numero di navi salpò dalla rada di Augusta per recarsi a Messina per unirsi alla flotta della Lega Santa, che sarebbe partita per affrontare la flotta turca. Lo scontro avvenne nel golfo di Lepanto, sulle coste della Grecia, il 7 ottobre dello stesso anno e si concluse con la sconfitta degli ottomani, che da quel momento persero la supremazia sui mari. Tuttavia ad Augusta le incursioni turche continuarono sino alla fine del secolo: vi furono degli sbarchi nel 1588 e nel 1594. A quest’ultima incursione è legato l’episodio del miracolo di San Domenico, patrono della città. Viene narrato che, durante la notte, mentre i turchi cercavano di saccheggiare la città furono messi in fuga dall’apparizione del santo che brandiva una spada e cavalcava un bianco destriero seguito da una grande schiera di cavalieri vestiti del suo stesso abito.
Dal 1630 la città godette della concessione della dignità senatoria, ma fu soltanto nella seconda metà del secolo successivo che tale concessione venne sanzionata grazie alla Consulta della Giunta di Sicilia in Napoli.
Nel 1649 Augusta diventò punto di rifornimento per l’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, che però dovettero abbandonare la città alla fine del secolo successivo.
Nel 1657 fu acquistata la borgata di Brucoli, che divenne una frazione della città.
La rivolta di Messina al dominio spagnolo nel 1675 assecondò le mire espansionistiche di Luigi XIV. Il sovrano francese, sperando di conquistare la Sicilia, inviò due flotte comandate rispettivamente dall’ammiraglio Duquesne e dall’ammiraglio Vivonne. Quest’ultimo, dopo essere stato nominato viceré di Messina, entrò nel porto di Augusta il 17 agosto 1675, conquistando rapidamente la città. Gli spagnoli, contrattaccarono il 19 aprile 1676. La battaglia passata alla storia come la “battaglia di Agosta”, fu combattuta tre giorni dopo e vide scontrarsi la flotta spagnolo-olandese comandata dal leggendario ammiraglio Ruyter e quella francese guidata da Duquesne. Lo scontro si concluse senza vincitori né vinti e la città restò nelle mani dei francesi mentre l’ammiraglio Ruyter spirò alcuni giorni dopo a causa delle ferite. I francesi abbandonarono la città il 16 marzo 1678 e con la pace di Nimega del 10 agosto, rinunciarono alle mire espansionistiche sul Mediterraneo, cosicché Augusta ritornò nelle mani degli spagnoli.
Il terribile terremoto del gennaio 1693, accompagnato da un forte maremoto, distrusse la città e ridusse notevolmente il numero degli abitanti.
Nel 1713 la fine della guerra di successione spagnola suggellata dal trattato di Utrecht sanzionò il possesso della Sicilia a Vittorio Amedeo II di Savoia. Tuttavia gli spagnoli, non accettando questa soluzione, inviarono una squadra navale, comandata dal marchese di Leyde, che conquistò Palermo e Catania, mentre un’altra squadra guidata dall’ammiraglio Castagnola si dirigeva verso Augusta, che cadde senza opporre resistenza. I savoiardi allora chiesero l’appoggio degli inglesi che, comandati dall’ammiraglio Byng, si scontrarono con gli spagnoli nel porto di Augusta per continuare a combattere nella baia di Santa Panagia ed infine a Capo Passero, da cui la battaglia prenderà il nome. Malgrado la vittoria inglese la città resto in mano agli spagnoli fino al 1720, anno in cui gli accordi tra le potenze europee diedero la Sicilia in possesso all’Austria, per tornare definitivamente ai Borboni nel 1735.
All’inizio dell’Ottocento la baia di Augusta vide salpare la flotta inglese del Mediterraneo che partiva per congiungersi con le altre forze della marina inglese che il 21 ottobre 1805 avrebbero combattuto vittoriosamente la battaglia di Trafalgar. Il 30 marzo 1808 il re di Sicilia concesse agli inglesi di avere tutti i porti dell’isola aperti al commercio e alle navi da guerra; in questo scenario Augusta diveniva base operativa della flotta britannica, mentre a terra era presidiata da quattromila soldati inglesi.
Il terremoto dell’11 gennaio 1848 distrusse due terzi delle case, ma provocò soltanto una trentina di vittime. Lo stesso anno i moti rivoluzionari causarono la cacciata del presidio borbonico dalla città, che tuttavia venne ripresa nella Pasqua del 1849. I moti del 1860, invece, videro i borbonici firmatari della capitolazione per mano del colonnello Pietro Tonson La Tour.
Nel 1860 il Cavour, presiedendo il Consiglio Superiore del Ministero della Marina, considerò favorevolmente l’idea di creare ad Augusta un arsenale marittimo, cosa che venne riaffermata nel 1878-79 dalla Commissione Parlamentare. Malgrado ciò ad Augusta venne preferita Taranto come sede meridionale di un arsenale militare marittimo.
L’avvento della navigazione a vapore spinse nel 1904 la società Carbonifera Industriale Italiana ad investire nel porto di Augusta, utilizzato come base di rifornimento per la sua vicinanza alle rotte mediterranee. Per questo motivo la compagnia genovese aveva acquistato il transatlantico inglese Massilia, trasformandolo nel più grande deposito galleggiante di carbone del Mediterraneo.
La politica espansionistica del periodo giolittiano aveva portato l’Italia alla guerra con la Turchia per impadronirsi della Libia. A causa della favorevole posizione strategica la baia di Augusta venne designata come base per le operazioni militari. Sebbene la guerra venisse dichiarata il 29 settembre 1911, le navi cominciarono ad affluire nel porto a partire dal 22 settembre e il 10 ottobre salpò il convoglio di truppe diretto a Tripoli. La guerra si concluse il 18 ottobre 1912 sanzionando per l’Italia la conquista della Libia e per Augusta l’importante ruolo di base militare.
La Prima guerra mondiale, impegnando la marina militare prevalentemente nell’Adriatico, vide la città priva di un ruolo operativo. Solo a partire dalla metà del 1917 si provvide alla costruzione di un hangar per i dirigibili, a causa della presenza nelle acque meridionali di sottomarini tedeschi. Uno di essi il 18 marzo 1918 entrò nella rada di Augusta, affondò il Massilia e si allontanò senza subire danni, mettendo in luce i punti deboli del porto. Il potenziamento del sito avvenne sotto la spinta del regime fascista, interessato alla creazione di basi idonee per il controllo del Mediterraneo: venne progettata una diga per migliorare la protezione della rada, fu ultimato l’hangar nel 1920 e, a dimostrazione della crescente importanza dell’aviazione militare, fu avviata la costruzione di uno scalo per idrovolanti. Il 13 maggio 1924 lo stesso Mussolini visitò Augusta per verificare lo stato di avanzamento dei lavori dell’idroscalo, che venne inaugurato il 28 marzo 1926; la diga, invece, venne completata nei primi anni ’30. Di pari passo si procedette all’installazione di postazioni contraeree, per proteggere le navi da guerra di base nel porto. Tuttavia l’eccessiva vicinanza a Malta e la paura dell’Alto Comando della Marina che potessero giungere attacchi nemici da quell’isola, tolse alla città un ruolo primario e la relegò nuovamente a base d’appoggio. Il 13 maggio 1943 Augusta fu sottoposta ad un pesante bombardamento ed, infine, il 12 luglio occupata dalle forze alleate.
La fine della guerra segnò per Augusta un profondo rinnovamento, infatti lo sviluppo dell’industria petrolchimica, strettamente legato quello del porto commerciale, permise alla città di raggiungere un notevole sviluppo economico.
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La Commissione Storia Patria